utta la zona è di notevole interesse naturalistico sia come flora che come fauna.
Il complesso montuoso Sasso di Castro - Monte Beni è caratterizzato dalla presenza di affioramenti ofiolitici denominati "le serpentine", che nell'alto bacino del torrente Savena formano un luogo di grande interesse naturalistico.
Gli affioramenti sono collocati all'interno di una stupenda cornice di boschi di latifoglie e parcelle di conifere.
Sui versanti erosi del Sasso di Castro e del Monte Beni si sviluppano interessanti formazioni erbacee ed arbustive che hanno affinità con questo tipo di substrato roccioso, con specie di flora rare o endemiche.
Il resto del territorio è coperto da prati e pascoli spesso abbandonati e coperti da arbusteti, e da bosco a dominanza di latifoglie e conifere.
Tra le emergenze faunistiche sono da segnalare le popolazioni di specie ornitiche rupicole e legate alle praterie montane, i popolamenti di Anfibi legati alla permanenza di un buon sistema di pozze per il bestiame, e il lupo, la cui presenza è legata anche alla ricca presenza di ungulati, ed in particolare del muflone.
L'area protetta è stata istituita per preservare sia le rare specie di flora che la popolazione del muflone.
Alle faggete dei versanti settentrionali ed occidentali del Sasso di Castro e di Monte Beni si contrappongono i densi rimboschimenti dei versanti orientali a prevalenza di abete americano e abete bianco.
L’Appennino settentrionale é formato in massima parte da rocce sedimentarie, depositate e compresse in grandi fosse oceaniche e poi sollevatesi fino a formare l’attuale catena. Dentro questi grandi bacini marini in cui si andavano accumulando “strati di argille” ogni tanto fuoriuscivano colate laviche dalla sottostante crosta terrestre che si raffreddavano rapidamente a contatto con l’acqua.
La translazione dell’Appennino da Sud-Ovest a Nord-Est ha fatto si che anche questi “grumi” di rocce vulcaniche venissero trasportati assieme a chilometri quadrati di “argille” e una volta allo scoperto, quelli più superficiali emergessero per effetto dell’erosione da parte degli agenti atmosferici dei più solubili “terreni” circostanti alle dure rocce vulcaniche.
Nella zona del passo della Raticosa si hanno numerosi esempi si queste rare formazioni che si staccano nettamente per forma e colore dalle dolci forme delle argille circostanti (Sasso di San Zenobi, Sasso della Mantesca, Monte Beni, e Sasso di Castro). Il Sasso di Castro é senz’altro il più imponente affioramento ofiolitico della zona , interessante anche perché popolato da una nutrita colonia di mufloni, facili da avvistare. La strada per arrivarci senza fretta da Bologna é quella della Futa, la più importante arteria appenninica prima della costruzione dell’Autosole, bellissima da “fare” anche in bicicletta, con buona gamba, oppure in moto. Si passa per Loiano, Monghidoro, Passo della Raticosa, Pietramala e Covigliaio, questi ultimi due già in territorio toscano. I più frettolosi possono uscire dall’Autosole a Roncobilaggio, poi salire al Passo della Futa (da vedere il monumentale cimitero di guerra tedesco di ottima architettura, che copre una collina, con un panorama formidabile dalla cima ed il muraglione costruito nel 1835 per riparo dai venti) dove si volta a sinistra per Covigliaio, fermandosi al Km. 50 della statale, segnalato in grande sulla parete di una casa cantoniera. Per salire al Sasso di Castro dietro la strada cantoniera si segue una strada bianca, chiusa alle auto, fino ad un pianoro rimboschito con abeti (segnavia 37) dove si prede a sinistra un sentiero che risale diagonalmente i fianchi rocciosi della montagna fino a scavalcare la cresta Sud. Sull’altro versante si prende quota con diversi tornanti ritornando sulla cresta, seguendo la quale si arriva sulla panoramicissima vetta, m. 1276, 1h10’. Se non avete ancora visto i mufloni, e siete ostinati avete un’altra chance. Tornati sulla cresta Sud, in alternativa all’itinerario di andata che scende a sinistra si piega invece a destra e si segue la cresta in discesa fino ad una rete metallica che protegge dal dirupo creato da una cava di materiale lapideo. Qui si piega a destra e seguendo la rete in discesa si arriva ad un bivio. Con la mulattiera di destra ci si riporta in quota sul versante occidentale del Sasso di Castro, dove più di frequente si possono avvistare i mufloni. Dal bivio invece piegando a sinistra si arriva alla base della grande cava ora abbandonata, a valle della quale una strada carrozzabile raggiunge in breve la statale a fianco di una casa isolata detta “I Ponti” che dista 1.5 chilometri da dove siamo partiti. In 2-3 ore, lentamente, si fa tutto. Il percorso é didattico e adatto anche a famiglie con bambini anche nello zaino.
Istituita negli anni Settanta, è gestita dai diversi agricoltori/proprietari, dal circolo Legambiente Alto Mugello e da associazioni venatorie e promossa dall'Anpil di Firenzuola (Sasso di Castro/ monte Beni) su proprietà terriere private e non demaniali.
Da due anni a questa parte, l'oasi, detta anche del Belvedere per il panorama circostante, è più fruibile a tutti. Che si tratti del camminatore esperto piuttosto che del passante più distratto del valico appenninico, grazie ad alcuni fondi comunitari sono stati riaperti e ripristinati sentieri, rigenerato le fontane presenti e migliorata tutta la cartellonistica locale.
La frazione, antica stazione di posta (famoso l'albergo della Posta) nasce alle pendici del monte Beni (1264 mt) e guarda tutta la valle del Santerno.
A differenza dei rimboschimenti degli anni Venti, e successivi, ad opera del Corpo Forestale in cui predominò la messa a dimora della Douglasia, specie di abete non autoctona ma tra le più diffuse in selvicoltura e per la generazione di biomassa, (grazie alla sua resa e capacità di crescita), successivamente, anche ai diradamenti, si sono inserite specie locali e latifoglie (acero, frassino e cerro) avviando comunque sperimentazioni su abeti (Bianco, Rosso e Douglasia) e pini su circa 200 ettari di estensione.
Oggi, camminando, fino a 900 metri, si nota maggiormente il cerro e il carpino, dopo predomina decisamente il faggio. Si incontrano i caprioli e i mufloni che, in questo periodo, dalla roccia, silenziosi, scendono alla ricerca del cibo. Furono inseriti negli anni Settanta, ma oggi il lupo arrivato dagli Appennini predomina sugli stessi. Da un nucleo iniziale, se ne contano oggi circa duecento capi.